1.4.09

An Evening At The Concerts. 5/ Franz Ferdinand + Kissogram

Per me il massimo sono i concerti da un migliaio di persone (parlando da spettatore, si era capito no?). Non troppo impegnativi, più che altro. Non si può dire lo stesso del suddetto concerto, al Palasharp (!!!) di Milano.
Non posso dire che i Franz Ferdinand siano il mio gruppo preferito, anzi; ma a loro favore va detto che sono una delle poche band di questa imperversante new-new-wave britannica che alla critica prova del terzo album non si sono sputtanati (completamente) al contrario di Bloc Party (una caduta di stile chiamata Intimacy) , Artic Monkeys e Kaiser Chiefs (che per me erano sputtanati fin dal primo). Detto questo, ero curioso di vederli dal vivo, anche se ho patito un po' la dimensione concerto-da-stadio.

Quando arriviamo hanno appena iniziato i berlinesi Kissogram. Così scarsi che hanno fatto apparire i Franz Ferdinand ancora più bravi, se possibile.
E veniamo quindi al centro nevralgico della serata. I quattro ragazzi scozzesi iniziano intorno alle dieci, aprendo con "Dark of the matinee". E già il pubblico è impazzito, e si capisce anche il perchè. Stiamo parlando di quattro musicisti che sanno fare il loro lavoro, e lo fanno bene e con piacere. Alex Kapranos accenna appunto al fatto che stasera sono in forma. Si vede.
Continuano a tirare fuori una hit dietro l'altra, passando da "Do you want to" a "Take me out" a "Michael" a "No You Girls" alla canzone del momento, "Ulysses" (non necessariamente in quest'ordine). Poi una perla, "40 feet", condita e allungata con un'improvvisazione incalzante e cori da stadio sulle note del ritornello. Fine primo tempo.
Non è corretto, a questo punto, parlare di bis. Più che altro lo definirei un secondo atto, non tanto per la durata quanto per l'intensità. Ripartono con una lungamente attesa (da me) "Jaqueline", ed è perfetta. Non le manca niente. Ma i momenti migliori sono quelli tra una canzone e l'altra, prima quando si lanciano in un'orgia ritmica, in cinque intorno alla batteria (il quinto non chiedetemi chi fosse) a suonare ognuno un pezzo. Nel secondo intermezzo invece virano sull'elettronica, Kapranos e McCarthy al synth, Thomson alla batteria elettronica, che cede
il posto dietro alle pelli al batterista dei Kissogram. Altra graditissima sorpresa.
In chiusura, This Fire, anche questa dilatata ed elettrica. Momento di grande estetica rock quando Kapranos e McCarthy incrociano le chitarre alte verso il cielo (coperto dal tendone impietoso del palasharp).

Ringraziano e se ne vanno. E ce ne andiamo anche noi, felici e soddisfatti. Hanno dato quello che c'era da dare. Complimentoni a loro.

m.s.

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