23.4.10

An Evening At The Movies. 2/ Shutter Island




Il nuovo film di Scorsese? Di nuovo con Di Caprio? Le premesse sono quelle che sono, visti gli ultimi tre. D'accordo, "Gangs of New York" non era male. D'accordo, in "The Departed" c'era un sempre impeccabile Jack Nicholson (anzi, diciamola tutta: l'intero film è impeccabile, niente da dire, ma questo non significa nomination a cinque oscar e vincerne quattro). Stavolta però cambia tutto, alle spalle di questo film c'è il libro di Dennis Lehane, "L'isola della paura". Un libro con i controcazzi, la cui atmosfera è ben riportata nel film. Trama: due agenti dell'FBI sono mandati in un manicomio criminale su un'isola nel mezzo del nulla per indagare sulla sparizione di una paziente. Apparentemente banale, ma fin dal primo minuto di film si capisce che qualcosa non va. Tutto è ammantato di surrealismo: a partire dai dialoghi, semplici e (forse) eccessivamente esplicativi che contribuiscono però a creare una situazione leggermente trasversale alla realtà, come se vissuta dal punto di vista di un bambino, o magari di un pazzo.
I riferimenti sono quelli dello Scorsese più thriller e oscuro, vedi "Cape Fear" e soprattutto "Bringing Out The Dead", più una buona dose di omaggio al capostipite horror kubrickiano "Shining", a partire dalla colonna sonora in stile Ligeti, passando per i colori e le ambientazioni, fino alla trama in sè, che bene si presta allo scopo di rivisitazione e superamento (cronologico, non qualitativo) del suddetto.
Gli attori: Di Caprio ormai è diventato un professionista, e lo credo bene: al quarto film con un regista stracazzuto difficilmente non si migliora, anche se rimane sempre un po' troppo attaccato al ruolo del ragazzetto in crisi e incazzato con tutti e tutto. L'avesse fatto Edward Norton magari sarebbe stata tutta un'altra storia, ma va bene così.
Ottimi Mark Ruffalo (l'ispettore di "Zodiac"), Ben Kingsley e un angosciantissimo Max Von Sydow nel ruolo del dottore tedesco (giusto per informazione, siamo nel secondo dopoguerra).
Il finale: si discosta dal libro per un piccolo ma fondamentale particolare, che aggiunge al film quel leggero sentore di americanata, senza comunque intaccare il mood.
In conclusione, bello, bravi tutti, questa partita Scorsese se l'è portata a casa egregiamente.

ms

21.4.10

An Evening At The Concerts. 12/ Why?




Torino è una città alquanto trafficata in quest'ultimo periodo, almeno da me. Stavolta niente Hiroshima Mon Amour, si opta per il più turistico Spazio 211 (col giardino gigante dove di solito fanno lo Spaziale Festival).
Arriviamo in superanticipo pensando di essere in ritardo, solo per scoprire che i torinesi sono più pigri di noi e ancora non c'è nessuno. Quindi birretta, sigaretta, cazziemazzi per un'oretta.
Poi salta sul palco mr. Josiah Wolf, aka batterista Why e fratello di Yoni. "We're gonna keep it short, keep it real." E tiene fede alla parola: quattro canzoni folk, malinconia al contagoccie, molto americano, molto poco italiano.

Ma andiamo direttamente al piatto forte, Why? mancavano dal tour del loro precedente "Alopecia". In quell'occasione li avevo visti alla Casa 139 ma stavolta stavano su tutto un altro universo.
Il disco nuovo non l'ho sentito, devo ammettere. Sono andato li sperando in una buona quantità di roba vecchia, e devo dire che sono stato accontentato a dovere.
Parte il concerto con "These Few Presidents", ed è già uno sballo. Sono tutti in forma (a parte il bassista che assomiglia sempre di più a George Lucas e ai suoi cinque menti) e ci mettono la giusta carica. Si susseguono canzoni del nuovo, un sacco di roba da "Alopecia" e svariati pezzoni da "Elephant Eyelash" per la mia gioia personale ("I was walking through San Antonio before soundcheck...")
Evidentemente non è solo mia l'impressione di assistere a un concerto figo, la gente ci sballa seriamente, tant'è vero che Yoni ci ringrazia. "You're the best audience we had so far". Bis con "Gemini (Birthday Song)" e un'altra di "Alopecia", e tutti a casa felici e contenti.
Almeno, io sono arrivato a casa soddisfatto delle orecchie che mi fischiavano. Hanno fatto tutto quello che volevo facessero, l'hanno fatto al meglio, si sentiva bene, l'atmosfera era lovely.
Non chiedo niente di meglio da un concerto.
Spettacolo. E diomio quanto pestava il batterista.

ms

8.4.10

An evening at the concerts. 11/ Autechre

Sono un po' in ritardo sulla tabella di marcia, visto che il concerto era il 26 marzo. Ma mi ci è voluto un po' a riassestare il cervello messo k.o. dalle bordate soniche che i suddetti signori di Manchester mi hanno rifilato a Torino @ Hiroshima Mon Amour (sempre valido sia per prezzi che per acustica).
Che dire? Sono gli Autechre e non hanno bisogno di presentazioni o preamboli, anche perchè al di la di tutto il live set poco c'entrava con i dischi, sia storici che recenti. Non a caso loro neanche vendevano il nuovo disco (peraltro piuttosto figo), come a dire "quello che sentirete qui stasera non c'entra un cazzo con qualsiasi cosa voi vogliate ascoltarvi a casa vostra".
Detto questo, si parte.
Luci spente e buio totale, manco fossimo al cinema. Loro si nascondono dietro a due spie puntate dritte in faccia, anche se la cosa non disturba. Non si vedono ma si sentono, eccome. Per circa un'ora si susseguono beat sincopati e imballabili (nonostante qualcuno ci provasse comunque), fascinazioni techno, arpeggiatori distorti che rincorrevano sprazzi di melodie, crescendi e momenti noise per il puro piacere dei nostri timpani. Di ambient ce n'è poco e niente, pezzi riconoscibili nessuno; in effetti è più opportuno parlare di pezzO, visto che non si sono fermati un secondo. Ma va bene così, penso che nessuno si aspettasse il Tri Repeatae o Amber in versione live.
Durata perfetta: non sarei riuscito ad ascoltarli per un minuto di più, mi stava esplodendo la testa.

In complesso: fantastici. Questo sì che è stato un concerto di elettronica coi controcazzi.

ps
il disco nuovo, Oversteps, è l'esatto opposto del live set; non ci sono batterie spaccatimpani se è quello che cercavate.

ms