14.5.09

An Evening At The Concerts. 6/ 65daysofstatic

Che i 65daysofstatic siano un gruppo con i coglioni s'è visto e lo hanno sufficentemente dimostrato sfornando gli album che hanno sfornato. Un primo, ibrido tra math-,post-rock ed elettronica, un secondo che riprendeva i temi del primo e li riproponeva rinfrescati e migliorati, un terzo che si sposta più sulla loro vena (terrona) pseudoelettronica ballabile senza però rinunciare al loro marchio di fabbrica, una sezione ritmica pestona come poche, progressioni di piano tra semplicità e virtuosismo e chitarre dal sapore, appunto, math. E vabbè, fin qui tutto bene.
La domanda da porsi, che poi ci si pone con un po' tutti i gruppi abbastanza singolari come i suddetti, è "ma dal vivo?".
Eh, dal vivo, dal vivo...diciamo che hanno spaccato, ma speravo spaccassero dieci volte di più.
Andiamo con calma.
Il magnolia è sempre un posto molto figo. L'unica cosa che non capisco è perchè d'estate, che fa un caldo bestia, mettano la sala concerti in un tendone che appena riempito di gente si trasforma in una serra. Questo dettaglio è stato portato alla mia attenzione più che altro dal fatto che - non so la ragione e non voglio puntare il dito contro nessuno - il concerto, che ci aspettavamo più o meno iniziasse per le dieci, è cominciato per le undici. Un'ora passata all'insegna del sudore e dell'agorafobia.
Arriviamo al punto. La prima metà del concerto mi è parsa piuttosto moscia. Sarà stata la prevalenza di canzoni nuove, quindi maggiormente campionate, che lasciava poco spazio alla dimensione live, nella quale l'unico a sbattersi davvero era il batterista. E subito appariva chiara la differenza tra canzoni nuove e pezzi tratti da "The Fall of math", come "Retreat! Retreat!" e "Fix the sky a little" che rispetto alle prime si trovavano non un gradino ma dieci rampe sopra. Questa prima parte si chiude con un altro pezzone, sempre più sul versante post-rock, con la prima vera esplosione da spaccare i timpani; non chiedetemi che canzone era perchè non l'ho identificata, comunque ho apprezzato molto.
Il momento di inizio della seconda parte per me è stata più o meno quando il chitarrista centrale (non saprei come altro definirlo) ha detto, in un italiano da oscar, "se volete ballare, fate pure (pronunciato piùre)"
E da li la situazione è tutto sommato cambiata. Non so se è stata la scelta dei pezzi, non so se sono stati loro, più caldi e presenti, non so se è stata colpa mia,che forse ho cominciato ad apprezzare in ritardo, comunque tra pezzi nuovi, vecchi, pietre miliari (radio protector), dance, post-rock, rumorazzi alla fine e bis di due pezzi più che apprezzabile hanno saputo regalare altri 30-40 minuti spettacolari.
Quindi, tutto sommato, va bene così. Unico altro appunto, i volumi delle chitarre (e per quanto mi riguarda anche del basso) potevano e forse dovevano essere più alti, perchè se c'è un gruppo che ha tutto il diritto di farmi fischiare le orecchie per due giorni sono loro.
La scaletta non ce l'ho, scusatemi.
Cheers.

ms

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