17.6.09

An Evening At The Concerts. 8/ Carla Bozulich

Sono un po' in ritardo sulla tabella di marcia, ma comunque.
Carla Bozulich è uno di quei personaggi destinati a portarsi dietro sempre e comunque il peso della loro fama. Dico "peso" perchè venire paragonata a un primo Nick Cave per lo stile sciamanico con cui si presenta sul palco significa essere rappresentanti del filone più scuro di quel blues-noise-dark che caratterizza i suoi lavori da solista (più di ogni altro "evangelista") così come le sonorità degli Evangelista (si, non sono solo un disco ma anche una band) su "Hello Voyager", non proprio il genere di musica che si può fare toccando solo corde superficiali con leggerezza.
Fatta la premessa, non si può dire che la Bozulich non sia all'altezza della sua fama. Lei chitarra e voce, accompagnata (solo) da un violoncello, il cui contributo è stato tanto stupefacente quanto quella della protagonista.
Il duo passa da momenti scarni e rumorosi, caos ancestrale ruvido come la pelle di uno squalo a pezzi più schiettamente cantautoriali. Le vere perle sono però state le canzoni a metà tra i due poli suddetti, in cui la voce straziata e straziante si scontrava con le sferzate nervose del cello e della chitarra mettendo in piedi architetture scurissime e ipnotiche in un susseguirsi di crescendo, minimalismi, cantilene angoscianti dall'animo blues e noise incontrollati.
E così, senza accorgersene neanche il concerto arriva alla fine, e dopo un bis a richiesta unanime la cantante americana ritorna sul palco chiedendo scusa per non avere più canzoni, ridacchiando.
Tutti a casa quindi, e direi che ha dato tutto quello che doveva dare, senza farci mancare niente.
Chapeau.

ms

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