Non saprei neanche da dove cominciare. Tralasciando la parte su chi è Nick Cave e su cosa fa, diciamo che era un concerto che aspettavo da quattro anni buoni, perdendo le speranze lungo la strada con la diparita (dalla band) prima di Blixa Bargeld e poi, recentemente, di Mick Harvey.
E vabbè, son cose che succedono. Ma ecco che arriva l'occasione del Traffic (Free Festival), e in apertura c'è pure St. Vincent.
Partiamo proprio da St. Vincent, grande talento nella scuderia 4AD che avevo ascoltato più o meno solo su pitchfork tivvù, aspettandomi nella mia ignoranza un concerto di spirito gioviale e bucolico. Non esattamente quello che ho visto, diciamo. Lei è fantastica. Per come canta, per come suona, per come sta sul palco, per come appare. E alle sue spalle c'è un gruppo di pezzi da novanta. A partire da metà scaletta, il primo pensiero quando finiva una canzone era "ok, figo. ma ora voglio nick." Appena partiva la canzone successiva, tempo dieci secondi si era già immersi in un turbine di suoni e qualsiasi priorità appariva piuttosto sfocata e trascurabile. Cosa posso dire di più? Non so i titoli delle canzoni, quindi non posso lodarle singolarmente, verso la fine comunque c'è stata un'impennata post-punk, mentre la prima parte è stata più intima e orecchiabile.
Ma andiamo al sodo. Quando arrivano sul palco, nessuno capisce più un cazzo. Al suo solito, mocasso a punta, vestito da attore porno di classe, camicia con un colletto infinito. Senza baffi. Ed è un po' uno shock vedere dal vivo quest'uomo di cui si è detto e si dice così tanto, che ha fatto così tanto.
Parte "Papa won't leave you, Henry", e di colpo i Bad Seeds, il pubblico delirante e tutto il resto scompare per lasciare spazio solamente a Nick Cave, che predica, ammonisce, urla e racconta. Il primo pezzo è sempre il più folgorante, quando ancora tutto sembra ancora irreale. Segue "Dig, Lazarus, Dig!!!", canzone che magari su disco poteva passare per scarna e mediocre, ma che cambia completamente volto dal vivo.
Con "Red Right Hand" si entra nel fulcro del concerto, è passata l'energia della prima bordata, ora è il momento di raddoppiare la puntata. E mentre Cave sussurra "He's a ghost, he's a man, he's a guru" ci si rende conto che è lui il vero guru, e che ha ancora carte a volontà da giocare e mani a volontà da vincere, confermandolo con altre due perle rock&roll, "Deanna" e "Midnight Man". Poi una "Nature Boy" non troppo ispirata, dedicata a Mick Harvey, seguita da una tripletta d'oro. "The Ship Song", "Henry Lee" e "Tupelo". Soprattutto in quest'ultima viene fuori uno spiraglio del vecchio Cave, oscuro, profetico e maledetto, non una rockstar ma un predicatore uscito da un southern gothic, vedi "E l'asina vide l'angelo".
Seguono canzoni alterne del nuovo album e pietre miliari del passato, come un' incalzante "The Mercy Seat", un'ispirata "The Weeping Song" e una violentissima "Stagger Lee". Chiude il bis con "Lucy".
Un concerto fenomenale, per l'energia di Cave, l'esecuzione impeccabile ma tutt'altro che fredda dei Bad Seeds, ma soprattutto per la scaletta, in perfetto equilibrio tra nuove tendenze e vecchie glorie.
Rocchenroll.
Parte "Papa won't leave you, Henry", e di colpo i Bad Seeds, il pubblico delirante e tutto il resto scompare per lasciare spazio solamente a Nick Cave, che predica, ammonisce, urla e racconta. Il primo pezzo è sempre il più folgorante, quando ancora tutto sembra ancora irreale. Segue "Dig, Lazarus, Dig!!!", canzone che magari su disco poteva passare per scarna e mediocre, ma che cambia completamente volto dal vivo.
Con "Red Right Hand" si entra nel fulcro del concerto, è passata l'energia della prima bordata, ora è il momento di raddoppiare la puntata. E mentre Cave sussurra "He's a ghost, he's a man, he's a guru" ci si rende conto che è lui il vero guru, e che ha ancora carte a volontà da giocare e mani a volontà da vincere, confermandolo con altre due perle rock&roll, "Deanna" e "Midnight Man". Poi una "Nature Boy" non troppo ispirata, dedicata a Mick Harvey, seguita da una tripletta d'oro. "The Ship Song", "Henry Lee" e "Tupelo". Soprattutto in quest'ultima viene fuori uno spiraglio del vecchio Cave, oscuro, profetico e maledetto, non una rockstar ma un predicatore uscito da un southern gothic, vedi "E l'asina vide l'angelo".
Seguono canzoni alterne del nuovo album e pietre miliari del passato, come un' incalzante "The Mercy Seat", un'ispirata "The Weeping Song" e una violentissima "Stagger Lee". Chiude il bis con "Lucy".
Un concerto fenomenale, per l'energia di Cave, l'esecuzione impeccabile ma tutt'altro che fredda dei Bad Seeds, ma soprattutto per la scaletta, in perfetto equilibrio tra nuove tendenze e vecchie glorie.
Rocchenroll.
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